Priorità idee

In “Fuga di Mezzanotte” (Alan Parker – 1978) i detenuti della prigione girano tutti nello stesso verso intorno a una colonna, una sorta di struttura monolitica. Tutti nella stessa direzione.
Billy Hayes (Brad Davis) decide invece di girare dall’altra parte e quel momento di ribellione, semplice solo all’apparenza, diventa l’impulso che lo porterà all’evasione e alla libertà.

In Italia c’è una gran voglia di porre fine al tempo del pensiero unico e di cominciare a far girare le cose in modo diverso, nuovo e adeguato per uscire dallo stallo e dalla crisi.
Respiriamo aria pesante e il respiro dei più giovani, dei precari e dei non privilegiati ha urgente bisogno di aria pulita. Esistono eccellenze e validi talenti.

Esistono forze fresche che hanno tutte le possibilità di emergere e di affrontare un percorso autonomo e liberato.

Nel mondo della cultura in tanti si accorgono che alcuni vecchi apparati continuano ad aggiungere un muro a un altro muro e dietro queste architetture verticali e invalicabili, tentano di erigere la fortezza che serve a proteggere un sistema di clientele e di garanzie insopportabili.

In queste settimane c’è una generale mobilitazione per aprire il confronto con le forze politiche. In molti casi affiorano proposte interessanti e innovative soprattutto dal basso, da quell’ampio corpo sociale e professionale che è stanco di sentirsi ai margini e pretende giustamente di ottenere lo spazio che merita.
Gli scenari sono cambiati e si sta aprendo una fase talmente complessa da mettere i brividi, eppure si avverte da alcuni settori, i soliti, che la volontà è quella di rafforzare gli stessi assetti che hanno prodotto il danno.
È vivace il dibattito sul cinema come sulle altre discipline artistiche ma le proposte che arrivano da alcuni soggetti per il rilancio del settore cinematografico sembrano non tener conto delle vere esigenze che provengono dalla grande maggioranza degli operatori e delle realtà che lavorano sul territorio.

Chiudono i cinema e ci dicono che la colpa è tutta della pirateria ma è un approccio intellettualmente misero. Il problema sul quale si dovrebbe riflettere è semmai quello dei tempi infiniti che trascorriamo davanti al computer e quindi ragionare su come produrre stimoli per staccarsi da quel monitor e interagire oltre la virtualità per partecipare alla fruizione di cultura negli spazi reali.
La pirateria è l’ennesimo feticcio, l’utile simbolo che giustifica la miopia e occulta la cattiva fede.
È la chiave ipocrita che semplifica e cerca di coprire le responsabilità di chi ha voluto concentrare risorse e potere per gestire, controllare e arricchirsi e poi scoprire che quel gioco perverso gli si è rivoltato contro.
I pirati veri che hanno depredato talenti e conoscenze gridano contro l’assalto dei pirati inventati.
Siamo alle porte del caos.

Calano le produzioni e tutta la colpa è del FUS insufficiente.
Spiegazione possibile ma incompleta. Di nuovo miope e di nuovo deviante.
Tutto il dibattito di questi anni si è snodato sulla battaglia per il FUS che è stata combattuta sul solo piano delle cifre e dei privilegi da conservare.
Pochissimi progetti nuovi e nessuna proposta al servizio della collettività intesa come filiera e intesa come popolazione. Molti portatori d’interesse e quasi nessun portatore di idee.
I vecchi pseudo-produttori italiani si sono abbarbicati sul loro sistema di vantaggi e di clientele.
Come si fa a pretendere finanziamenti pubblici per opere milionarie in cui ad esempio una singola figura del cast prende 300/400mila Euro, l’equivalente di 30 anni di lavoro precario a cui sono condannati milioni di cittadini?
Con quale coraggio si esige un intervento così sproporzionato, mentre il Paese crolla in gran parte per il peso degli sprechi e della corruzione?
Ma soprattutto: come fa un giovane produttore, un giovane imprenditore che vuole legittimamente concorrere, partecipare e intraprendere ad accedere alla fortezza inespugnabile dominata da vere e proprie aristocrazie separate dal resto del mondo?

Il sostegno deve essere concentrato soprattutto sui soggetti non protetti, sulle realtà che lottano per emergere e sulle nuove proposte artistiche, facendo in modo che i giovani autori e produttori e i produttori autenticamente indipendenti possano sviluppare percorsi professionali e artistici sperimentando nuove forme e utilizzando nuovi linguaggi.
In Italia abbiamo un urgente necessità di portatori di idee innovative e non più rappresentanti di interessi particolari che sulla base dell’autoreferenzialità stabiliscono le loro regole.

Il futuro del cinema italiano si gioca soprattutto sul basso costo di opere prodotte con talento e con passione, capaci di formare un nuovo pubblico cinematografico e di recuperare spazi di mercato anche all’estero.
I nostri film dovranno avere budget contenuti ed essere liberati dal Reference System e da commissioni incompetenti e settarie.
Le opere prime e seconde potranno acquisire una dimensione più definita in un quadro di promozione dei talenti e di maggiore e trasparente rigore nelle selezioni. Produrremo più opere, daremo più spazio al documentario e creeremo più lavoro e più opportunità di crescita professionale.

IndiCinema ha da tempo avanzato la richiesta di eliminazione dei ristorni al botteghino (contributi percentuali sugli incassi) ma nel caso dovessero sopravvivere devono essere rimodulati a vantaggio delle produzioni minori.
Anche la fiction, prodotta e girata in Italia, deve essere riqualificata e innalzata sia come qualità artistica che come capacità di visibilità e di esportazione.
L’impegno proveniente dalle televisioni, oltre al contributo economico, deve acquistare un senso compiuto nella capacità di promuovere il cinema inserendo nei palinsesti i film indipendenti, le opere prime e i documentari.

La proposta deve essere articolata, in costante collegamento e contaminazione con le altre discipline artistiche, con lo spettacolo dal vivo, con la musica, la danza: perché è improponibile oggi disgiungere le offerte e separare mondi che sono invece in grado di alimentarsi a vicenda.
Le forme di interdisciplinarietà e di diversificazione costituiranno anche la spinta per la rivalutazione della sala cinematografica, che non dovrà più essere il luogo della sola proiezione ma dovrà potrà diventare parte di uno spazio polifunzionale e aggregativo in cui si fa musica, teatro e cinema.

Perché anche chi ritiene di essere organismo costituente sui diritti degli spettatori deve capire che chi fa cultura non deve riferirsi agli spettatori, ma a cittadini attivi e consapevoli che condividono un’esperienza vera e non una scelta indotta dalle élite protette che li attirano in una rete di proposte scontate e preconfezionate.

Gli Italiani hanno voglia di invertire il girotondo infernale in cui sono stati costretti a vivere per troppo tempo. Ci vuole ricambio e servono scelte di rottura con il passato e le stucchevoli demagogie funzionali solo alla propaganda devono lasciare il passo all’innovazione sostenibile e inclusiva.
I portatori d’interesse se ne dovranno fare una ragione. Al nostro Paese servono portatori di idee per evadere e per tornare liberi e indipendenti.

Stefano Pierpaoli
16 febbraio 2013