La tenda del disonore

Breve storia di una vergogna targata Alemanno

“Tenda Roma” costa 1.400.000 Euro ed è un teatro itinerante che dovrebbe portare nelle periferie cultura, armonia sociale, lezioni di educazione civica, arte ed espressione teatrale.
Non tutte le periferie romane e soltanto 6 Municipi su 20. Somiglia tremendamente ai casotti dei campi di sterminio.

Un impegno economico esorbitante, ma se le ambizioni sono quelle, gli spettacoli proposti sono di grande spessore e la struttura edificata è moderna, gradevole alla vista e architettonicamente stimolante è altrettanto chiaro che la spesa è più che giustificata.

Era sabato e mi è venuta voglia di cercare su Internet e su tutte le fonti d’informazione qualche notizia su “Tenda Roma”. Con grande stupore non esiste traccia di questa manifestazione. Riesco a scovare un paio di presentazioni in .pdf, assai scarne a dire il vero, una sul programma e l’altra con le sinossi degli spettacoli.
Ho letto, su queste presentazioni, varie battute degne di nota, su tutte direi: “Dlin dlon… Se si viaggia a più di 10.000 piedi, perché le salviettine profumate non sono al sandalo?” (da “Come se fosse” di Pablo e Pedro).

Quello che ho letto, unito alla sospetta assenza di notizie ha aggiunto inquietudine allo stupore. In effetti è a dir poco curioso che nessuno abbia dato risalto a questa serie di manifestazioni di “portata epocale” per le periferie (non tutte) romane.

Nello specifico gli spettacoli andranno avanti (a meno di fatti prodigiosi) dal 2 febbraio al 30 maggio. 70 giorni di programmazione in tutto per 8 diverse opere. “Roma se nasce”, spettacolo che va in scena da oltre un anno in altri teatri, detiene il record delle repliche con 20 date. Gigi D’Alessio fa invece 6 apparizioni nei 6 municipi con “Parole e Musica”, in cui porterà il suo verbo per combattere la terribile piaga del bullismo. Non resisto e vado a verificare il “Tenda Roma”. Dentro di me spero di trovarmi di fronte a una struttura moderna, figlia di un’idea originale e innovativa, circondata da un clima cordiale e immersa in un’atmosfera vivace di proposte culturali invitanti.

Raggiungo Via Castiglioni, una strada in discesa che costeggia il complesso di S. Maria della Pietà. Scorgo dall’alto il Teatro in questione. È completamente bianco, rettangolare e gelido, ma devo ancora scoprire la facciata e posso pensare che abbiano inserito qualche elemento che abbellisca una simile struttura. Niente, stessa squallida concezione carceraria. Somiglia tremendamente ai casotti dei campi di sterminio.

È il solito disprezzo per gli abitanti delle periferie, vecchia storia molto romana che nasce dai sentimenti del “meglio di niente”. Solo che qui il meglio di niente costa 1.400.000 Euro (Unmilionequattrocentomilaeuro!). Non posso evitare di fotografarlo. Provo a comunicare con qualcuno che sembra lavorare lì, ma il fatto delle foto non li ha messi di buon umore. Non ha importanza. Mi affaccio nella sala: ci sono 40 persone al massimo.

La mente che ha concepito tutto questo non ha utilizzato nessuna sottile strategia, né ha sviluppato un’elaborazione culturale o sociale.Le menti che hanno approvato il progetto ed erogato i fondi (dicono “solo” 400.000 Euro di denaro pubblico, il Milione “dicono” che arriva da sponsor, però non identificati) non devono aver nemmeno ragionato per un nanosecondo sullo spessore di questa iniziativa. È passata e basta. È andata così. Nessun riflessione sociale, tanto meno intellettuale. Nessuna visione collegata al territorio, inserita nei contesti di riferimento, se non quella del cinico disprezzo per dei cittadini, considerati, ancora una volta, esseri inferiori e indegni. Un atteggiamento da autentici bulli, non c’è che dire.

1.400.000 Euro (Unmilionequattrocentomilaeuro!) per cosa? Le periferie romane hanno bisogno davvero di un teatro itinerante soprattutto con questi requisiti? Non esisteva un modo per spendere questi soldi per fornire un vero servizio alla collettività? E infine: ma dove sta 1.400.000 Euro (Unmilionequattrocentomilaeuro!)?

Doveva essere un sabato normale.

In questa Italia, nell’Italia che vediamo ogni giorno e di cui ormai ben conosciamo vizi e debolezze, tutto questo, in effetti, è dolorosamente normale.

Stefano Pierpaoli