Indicinema
2010-2013
Il tentativo per un cinema libero
Indicinema è stato il momento in cui il settore cinematografico ha vissuto la scossa più significativa degli ultimi 20 anni.
Possiamo definirla così perchè è stata l’unica ad essere evasa dalla prigione della retorica e dell’ipocrisia ma soprattutto perchè è stato l’unico momento in cui è stato elaborato un ragionamento di sistema.
Quanto meno si è provato a farlo.
Un tentativo coraggioso in un contesto che era già da tempo vittima del conformismo e della subalternità.
Le sale avevano cominciato a chiudere, il pubblico si era allontanato e l’offerta artistica ed espressiva era sclerotizzata su modelli sempre più televisivi.
Con questa iniziativa, promossa oltre che da noi anche da ANAC, FIDAC e altre sigle rilevanti, si voleva stabilire un perimetro di valorizzazione per le opere indipendenti, per i giovani talenti e per le produzioni minori.
Il rischio che segnalammo era quello di un cinema che sarebbe finito nelle mani di pochi, con idee sempre più omologate al mercato con la prospettiva di trovarci colonizzati dalle multinazionali.
Riuscimmo ad attrarre un gran numero di cineasti e professionisti del settore e a risvegliare il senso di una progettualità non basata sulla sola richiesta di fondi ma alimentata da un ragionamento di sistema che mirava a rivoluzionare gli equilibri produttivi e distributivi.
Nella nostra visione si doveva determinare un percorso solido intellettualmente che determinasse uno scenario in cui espressione e lavoro sarebbero stati valorizzati. Tornare quindi anche a esplorare forme e linguaggi per recuperare un rapporto con la popolazione che tornasse a offrire esperienze culturali più profonde e significanti.
Sapevamo di muoverci in una palude politica e istituzionale restia al cambiamento e ci trovavamo in un vespaio di sigle prive di rappresentanza ma riuscimmo ad aprire un dialogo efficace.
Per lo meno nei primi tempi.
Ottenemmo un posto importante ai tavoli di confronto in cui ci si apprestava a tracciare la strada che avrebbe portato a una nuova legge sul cinema.
Mettemmo in campo elementi di forte contraddizione rispetto alle consuetudini di un mondo sempre più subalterno a una politica d’accatto.
Subimmo l’ostracismo di alcune personalità affermate nel mondo del cinema che vedevano in noi una minaccia per il loro primato nel panorama delle relazioni particolari tipiche del nostro paese.
Nel frattempo organizzavamo incontri, dibattiti e proiezioni per imparare di più e trovare l’itinerario migliore verso un nuovo assetto di questo grande comparto.
Avevamo capito di essere riusciti ad aprire una breccia soprattutto grazie alla partecipazione attiva di molti giovani che vedevano in Indicinema uno strumento di emancipazione e di crescita.
Anche molti grandi nomi della storia del cinema italiano, da Carlo Lizzani a Roberto Perpignani, lavoravano all’interno del nostro gruppo per garantire al progetto la ricchezza della loro esperienza.
Nel 2012, dopo 3 anni di impegno costante, arrivammo a una proposta complessiva che avrebbe assicurato al cinema cosiddetto “a basso costo” uno spazio di assoluto rilievo nello scenario nazionale.
Anche all’estero compresero che in Italia stava succedendo qualcosa di nuovo.
Al Festival di Cannes raggiungemmo un elevato interesse (nella foto un articolo di ScreenDaily) da parte di distributori e produttori volevano arrivare ad accordi di scambio e cooperazione in un clima di maggiore apertura.
Il movimento che avevamo messo in moto stava giungendo a un punto di svolta.
La rotta verso un assetto rivoluzionario ed efficiente era quella giusta e le stesse Istituzioni avevano capito che per arrivare a un traguardo equo non si poteva fare a meno di accogliere la nostra proposta.
Fu quella la fase in cui qualcosa si inceppò.
Le pressioni di ANICA, la realtà confindustriale che governa il cinema italiano, incrinarono alcuni equilibri.
I produttori più influenti erano scesi sul piede di guerra e, spalleggiati dai loro autori di riferimento, avevano deciso che il timone della nave doveva restare totalmente nelle loro mani.
Sul piatto c’era una nuova legge sul cinema e chiunque l’avesse scritta doveva seguire i dettami gruppi dominanti.
Non doveva restare spazio alle soluzioni alternative.
Indicinema era un’impresa romantica la cui sorgente era stata il desiderio di ricreare atmosfere e prospettive in un universo che stava appassendo. Era stata la voglia di formare un ecosistema regolato dal valore delle idee.
In quel momento avrebbe dovuto avere la forza e la follia di andare a uno scontro aspro contro gli oligarchi del cinema ma anche al nostro interno si formarono delle crepe a causa della subalternità di alcuni e della stanchezza di altri.
L’ineluttabilità dell’italico declino aveva preso il sopravvento e le grigie dita dei burocrati, guidate dalla casta dei potentati cinematografici, stavano già scrivendo quella che sarebbe diventata la Legge Cinema di Franceschini: una legge scritta dai padroni e accettata dai servi.
Un cinema sempre più televisivo, privo di guizzi artistici, sarebbe naufragato negli oceani dei grandi gruppi finanziari.
Consequenze fece uno sforzo ulteriore e nacque ReteCinemaIndipendente.
Era il 2013 e provammo a lanciare un ultimo assalto alla fortezza dei “signori del cinema” con una serie di richieste (al link) che furono consegnate all’allora ministro Bray.
Alcune entrarono nella composizione legislativa ma il cuore del problema non venne intaccato per la resistenza dei capi e per l’imperizia (leggi cattiva fede) della politica.