Su questo sito è stata più volte manifestata la perplessità sull’equazione: più soldi = più cultura. In un sistema confuso e ormai fallito è inutile immettere somme anche consistenti. Evaporerebbero lasciando solo qualche traccia nebulosa a vantaggio delle solite entità.La recente legge sulla tassazione dei digital device, pur proponendo una soluzione invocata da più parti,  non sembra procedere verso quella pacificazione tra popolazione allo stremo economico e categoria degli autori che comunemente viene assorbita nell’ambito più generale dello spettacolo e simili. Se infatti introduce una regolamentazione indispensabile a favore del diritto d’autore non si preoccupa di affiancare all’appesantimento fiscale nessuna norma che stimoli il consumo culturale, in particolare quello che si svolge sul territorio.

Sarebbe stato forse più adeguato abbinare a questa mini stangata (ma pur sempre stangata e di questi tempi fa male) forme di alleggerimento fiscale e sostanziose campagne promozionali a favore degli spettatori, e di rimando agli addetti ai lavori, affinchè musica, film e quant’altro tornassero a essere seguiti nei luoghi tradizionali anziché su I-Pad e smartphone.
Non entriamo sui temi più specifici e legali che alimentano il bisticcio tra SIAE e associazioni di consumatori sulla Device-Tax, ma è possibile che se il legislatore e le parti in causa avessero operato con più saggezza ed equilibrio, anche questa diatriba sarebbe avvenuta con toni meno accesi.
Un altro fatto per così dire “curioso” è successo ieri sera qui a Roma. La prima della Bohème, a Caracalla, firmata da Davide Livermore è andata scena con l’accompagnamento del solo pianoforte. Il sovrintendente Fuortes, dopo mezz’ora di ritardo privo di informazioni per il pubblico, ha dichiarato dal palco di “voler rispettare il diritto di sciopero” e ha annunciato una singolare offerta speciale per chi sarebbe rimasto: il rimborso del 50% del biglietto. Per tutti gli altri, gli indolenti, gli irritati e i fondamentalisti che hanno preferito andarsene (del resto pioveva e faceva anche freddo) la restituzione totale del costo dell’ingresso.
Senza dubbio la vertenza che riguarda i lavoratori della Fondazione Teatro dell’Opera presenta connotati che possono condurre all’esasperazione, ma ai bravissimi orchestrali che hanno scioperato vogliamo rivolgere una domanda: non sarebbe stato più efficace fare una provocazione e rinunciare al compenso, pretendendo di rimborsare a tutti il biglietto e suonare, partecipare e arricchire di un significato in più questo appuntamento?
Il pubblico, forse qualcuno a volte non ci pensa, è formato da donne e uomini che possono condividere l’evento artistico ma anche le lotte che si fanno perché esso arrivi e continui ad arrivare in scena. Anche questo è promozione culturale. Anche questo contribuisce a ricostruire il rapporto perduto tra offerta culturale e popolazione. Questa è la partita più complessa che deve essere vinta al più presto. Cominciando con l’evitare gli autogol.

Step
15 luglio 2014

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