Nota di Mara Nanni

Un libro…una storia…una gran parte della mia vita, delle mie sensazioni. Si intitola ” …E ALLORA?”  e potrebbe iniziare con questa stessa esclamazione, domanda, risposta.

Di tempo ne è passato da tutti quei fatti. Tempo ineccepibile galantuomo in tutte le sue manifestazioni. Ma il tempo è una gomma americana, si allarga, si allunga, si restringe.
La mia militanza, il carcere, esperienze comunque importanti al di là del loro valore positivo o negativo. Tante cose successe che mi mettono in difficoltà quando qualcuno domanda la mia età. Dipende. 15, 40, 100 anni. Potrei non poterla definire.

Il pensiero fisso di vivere una tranquillità mai avuta, ma contemporaneamente la ricerca continua di sentirmi viva.
Ho assaggiato sapori forti, qualche volta dolci, qualche altra amari, e non posso far finta di non conoscerli. Sono stata così, ho vissuto tutto sulla mia pelle. Mi dicono che ora ho 48 anni…e allora? Devo pensare a cosa farò da grande? Giusto. Ma è una domanda lecita solo se scelta da me. Deprimente o anche offensiva se sono gli altri a pormela.

Molte volte, negli ultimi dieci anni, mi hanno chiesto di scrivere la mia storia. Molta gente, calata dentro a diversi vestiti di diversi colori che volevano scrivere quello che loro desideravano. Non ne avevo voglia, era una minestra riscaldata. Ancora stare lì a spiegare qualcosa che ormai sapeva e sa di muffa. Quello che continuamente mi domandavo, era il perché nessuno mi chiedesse cosa viveva Mara in quei momenti, dentro quegli spazi ristretti, quei tempi compressi  e soprattutto, come e cosa vive ora con 15 o 100 anni sulle spalle.

Ma ripetevo a me stessa che sarebbe arrivato il momento di raccontarmi. Quando lo avrebbe deciso, sarebbe arrivato. E allora avrei potuto parlare libera da ogni appartenenza, da ogni facciata che continuamente mi veniva richiesta.

Tra quelli che lo hanno già letto, qualcuno lo ha definito “diario”, altri hanno censurato il fatto che potesse esistere una dissonanza tra il linguaggio usato nel libro e la durezza della vicenda raccontata, come se storie coatte di restrizione debbano essere necessariamente descritte con un linguaggio ugualmente coatto. Ma perché mai, uno più uno, deve dare sempre e solo due? Esistono le sfumature, le differenze, i tempi diversi e cambiati e leggendo nel modo giusto, si possono scoprire altre cose.

Chissà se questo libro incontrerà l’interesse dei lettori. Per dirla tutta, non me ne importa un granchè. Del resto non è lo scopo principale di questo romanzo, che è stato scritto senza presunzione.
Chi saprà leggere andando un po’ più a fondo  in qualche modo entrerà nella mia anima, regalandomi, seppur inconsapevolmente, un sorriso.
Sono stanca di sentirmi sempre in debito, allungando senza riposo la mia mano. Ho voglia di sorrisi anch’io e di mano tese per stringerle forte tutte quante.

Una l’ho trovata. Quella di Stefano, il mio amico Stefano. Con cui ho deciso di scrivere questo libro perché non mi ha mai proposto un dare-avere. Per la prima volta non mi sono posta il problema di un giudizio sui miei racconti. Le mie storie rivelate a lui per una casualità inattesa e non richiesta. La magia è stata proprio nella casualità. Quel “per caso” mi ha dato fluidità nel raccontarmi. Poter ascoltare quelle parole che affermavano la normalità umana riferita a me. Proprio a me! Mi procuravano allegria e tepore.

Sapevo di far parte degli esseri umani, ma nessuno mi aveva mai regalato questa sensazione.

Questo è il motivo per il quale con questo libro ho già raggiunto il mio obiettivo più intimo.

Bello sarebbe, se per una volta si riuscisse a capovolgere la questione di quegli anni. Non più dita puntate, è facile far domande aspettando con rigida pretesa le risposte volute. Ancor più facile se chi le propone vive nella convinzione di essere in credito con te. E le risposte dovranno essere esaurienti, rispettose di quello che si aspetta e pretende.
Ma il debito non può essere illimitato, “e allora” anche io oggi voglio sapere!

Ora basta, non ho più voglia di scrivere. Mi farò una doccia, renderò morbida la mia pelle con una crema profumata, e poi una bella maschera alle alghe sul viso. Evidenzierò le mie labbra con un rossetto color fuoco per farle diventare ancora più carnose, e se anche mi infilerò in un jeans e un maglione largo, nessuno mi riconoscerà come quella che è stata, o che chissà, è ancora.

Sarò una magnifica e indefessa borghese che, con tutte le sue forze, cercherà di affermare una socialità diversa, diciamo…la socialità dello champagne.

Anche se costretta ancora a lavare cessi e pavimenti.
Ciao

Mara Nanni
(2001)

Nota di Stefano Pierpaoli

Ho scritto una storia di un tempo diverso dal mio. Una  storia che forse non doveva riguardarmi.
Ho ascoltato racconti che sembravano non arrivare mai ad un punto definitivo. Mi sono posto domande, mentre procedevo nella scrittura, che in realtà avevano poco a che fare con quella generazione, almeno per come le sentivo inutili trasportate in quel periodo.
Ho provato a paragonare la mia rabbia a quella rabbia. Ho provato ad accostare le mie ribellioni a quelle ribellioni. Ho sorriso di me, come del resto sorridevo spesso di Mara mentre mi descriveva la sua vicenda.

Un sorriso può diventare una soluzione, ma rabbia e sorriso, ribellione e sorriso, sono immagini che riescono a sfiorarsi solo nelle storie romantiche delle grandi rivoluzioni.

Poi ho infilato un silenzio severo e spietato nell’esatto momento di uno sguardo arrabbiato che chiede qualcosa. Ho fermato anche il battito del cuore per riuscire ad ascoltare quel silenzio e immobile, ho atteso da quello sguardo un lampo o una tenerezza, una minaccia o una lacrima.

Ho ascoltato quel silenzio ma non apparteneva al volto da cui aspettavo un gesto di  reazione. Quel viso in realtà esprimeva ferocia e dolcezza, rancore e follia, ma non aveva voce. Trasmetteva passione e idealismo, ma non aveva voce.
Il silenzio era tutto quello che c’era intorno. Un universo muto che resta in attesa. Uno spazio furtivo che ti incalza mentre si allontana aspettando la tua disperazione. Provvedendo alla tua sconfitta di cui si ciberà.

In quell’istante ho riconosciuto lo stesso silenzio contro cui si scontrano la mia rabbia e le mie ribellioni. Ho sentito la distanza che uccide perché ti indebolisce e ti dispera. Ho avvertito la violenza del mondo che divora.

Ho odiato e ho amato la follia di quelle donne e di quegli uomini. Di quei giovani. Mi ha commosso la loro solitudine e mi ha fatto rabbia la macabra tenacia con cui cercavano di tenersi in piedi.

Poi ho visto i bambini della mia società affogare nello schermo spietato dei grandi sovrani, ho sentito le grida delle donne e degli uomini lasciati morire in prigione, ho guardato le facce dei barboni, dei derelitti, dei dimenticati.
Ho visto migliaia di persone che andavano a dire la loro, a dar prova di esistere perché nessuno può rappresentarli, ma una schiera di scudi e manganelli li aspettava in silenzio.

Poi ho visto i miei compagni voltarsi dall’altra parte e far finta di nulla. Al posto di un confronto dovuto, altro silenzio, ma ancora più violento e feroce. Fatto di paura e ipocrisia, ricercata esibizione di un’ostentata castità. Un cinismo arrogante che sa ben soffocare.

Allora ho compreso il perché di un brivido tagliente che ti spinge nel fuoco e ho maledetto quel silenzio bastardo che ti scortica l’anima e ti fa fare il gioco degli altri.

Ma ho capito che quel muro di ghiaccio è violento e chiede  violenza e ho imparato ad opporre un silenzio a quel silenzio, un’attesa all’attesa e un sorriso alla violenza.

Stefano Pierpaoli
(2001)

  • E Allora
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31 Luglio 2002

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Vita di una brigatista

12 Agosto 2002

Vita di una brigatista, un libro su Mara Nanni La NuovaPresentata in città la storia di una “dissociata” Vita di una brigatista, un libro su Mara Nanni OLBIA. Mara Nanni è una donna minuta, magra, con i capelli neri a caschetto. È madre di due figli, campa facendo le pulizie e la baby sitter. Era venticinque anni fa una delle figure più celebri del terrorismo italiano. Militante di…

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