Cinema
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Dopo mesi di travaglio, nell’assillante preoccupazione di sommosse incombenti, si era giunti a una grande (maddechè?) ricomposizione della Legge Franceschini (quella scritta dai padroni e applaudita dai servi). Malgrado ciò, le immense schiere del cinema (in)dipendente italiano hanno levato gli scudi financo a minacciare insurrezioni e scioperi.

Sono trascorsi 13 anni e sembra non averli nemmeno vissuti. Era il 2010, il mondo del cinema, e non solo, si mobilitò contro i tagli al FUS inseriti in finanziaria. In quell’occasione venne occupato il tappeto rosso di Roma. Oggi rischierebbe di scatenare le ire della corposa setta dei selfie.

Un film fresco di Oscar passa in TV e una parte del mondo del cinema si ribella. Sono soprattutto gli esercenti che protestano, lamentando, giustamente, il mancato incasso per l’ulteriore uscita in sala della pellicola. Sull’onda del nuovo successo avrebbero infatti potuto godere di un poderoso lancio promozionale che ha finito per attribuire cifre record al passaggio televisivo.

Desta molte perplessità il fatto che nel pieno di una crisi sistemica senza precedenti ci si perda nel solo ragionamento sulle risorse. Accade in molti settori della nostra società e le ristrettezze economiche non fanno altro che perpetrare il mantra dell’emergenza e dei tagli strutturali.