Il mondo è un grande social network lontano dalla vita.
Il sistema economico (lo chiamiamo neoliberismo) lo ha voluto così ed è riuscito a ridurci a numeri su cui imporre il suo potere.
Non abbiamo più strumenti umani per contrastare questo condizionamento e per ribellarci a uno stato delle cose che opprime ed esaspera i nostri sentimenti e le nostre emozioni.
La politica è un continuo avvicendarsi di eventi in una squallida rassegna di giochi di potere. Mediocri personaggi, che si dicono membri di partito, eseguono gli ordini che arrivano dal magnate, dal gruppo finanziario, dalla grande società transnazionale. Nessuna identità e nessun valore se non quello di appartenere a una cupola mafiosa che funge da controllore di una collettività esangue e rassegnata.
L’orgia dell’informazione alimenta il gorgo violento in cui si viene ingoiati. I quotidiani sono contenitori indecenti che sfruttano la morbosità del pubblico idiota e si trasformano in rotocalchi scandalistici con le puttanate dell’ultima ora. I giornalisti sognano una visibilità da talk show in cui potersi esibire come ignobili soubrette nei salottini dell’ipocrisia borghese.
Il popolo, trasformato in una grande montagna di merda, è ormai composto da milioni di profili individuali con i quali simulare una qualche esistenza.
Milioni di fantasmi che postano le scene della loro disperazione e garantiscono al loro capo un panorama di ignoranza e sottomissione che possa rassicurarlo.
Viviamo immersi in un perpetuo videogioco del quale non conosciamo le regole e di cui siamo protagonisti solo in virtù del fatto di essere i pupazzetti che si muovono sullo schermo. È una partita in cui non si vince mai e si finisce spediti in una guerra che servirà a riequilibrare i consumi e a far ricco il padrone.
A tutti quei coglioni, che sui social mettono in scena la loro ignoranza, non si può che augurare di finire in quella guerra. Essendo già morti non sconteranno nessun tipo di condanna.
A tutti i poveracci che con un cuoricino su Whatsapp provano a dire qualcosa, è inutile invece parlare. Non sanno ascoltare e non sanno comunicare.
Consequenze è una delle tante aree di resistenza che provano modificare il corso di questa storia ma che non sanno organizzarsi per diventare un oltre che abbia un peso.
Può rappresentare al massimo un umile fortino nel quale si testimonia con coerenza il senso di un fallimento.
Però, in questa trincea, è stata combattuta una battaglia autentica. Senza artifici, siamo andati contro il nemico mettendoci la faccia e anche il cuore.
Nemmeno per un attimo si è ceduto al compromesso e mai è stata abbassata la testa di fronte ai bastardi che dimorano nei ministeri e negli assessorati.
In tantissimi abbiamo provato a evitare la fine del mondo.
Ora che è arrivata, se ne sente il rumore, vorremmo che si cominciasse a pensare al nuovo mondo senza farcelo imporre da un’intelligenza inumana.
Associazione Culturale
Consequenze
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