
Castelli e roccaforti
“Eliminare le roccaforti che favoriscono chi è all’interno e danneggiano chi non ne fa parte”
Presidente del Consiglio Mario Monti,
Gennaio 2012
Siamo tutti stanchi di affidare il problema della sanità a chi non fa mai la fila a una ASL e se si sente male non viene abbandonato in un corridoio d’ospedale. Siamo sfiduciati nel vedere che parla di riforma di giustizia chi può permettersi avvocati da milioni di Euro e magari può perfino farsi una legge su misura.
Ci disperiamo nel percepire che la riforma del mondo del lavoro è gestita per lo più da gente che non è mai stata sfiorata dal dramma della precarietà.
Argomenti che a qualcuno potrebbero apparire demagogici e che senza dubbio lo sarebbero stati 40 anni fa in Italia, quando ancora esisteva una classe politica con vizi e difetti normali e con riferimenti ideologici ed etici ben definiti. Oggi, e da molto tempo ormai, opporre all’incompetenza e al malaffare di gran parte delle nostre classi dirigenti, una serie di tesi che in sostanza riguardano le distanze e le differenze tra ricchi e poveri, tra potenti e sudditi e tra faccendieri e operai, non può più essere considerata posizione demagogica, tanto meno qualunquista o semplicista.
È stato imposto un governo tecnico attraverso formule mistificatorie e sulla scia di tensioni finanziarie che stavano per far saltare il banco (o per meglio dire le banche) di uno Stato completamente in mano a cricche e corporazioni separate dalla popolazione in termini di opportunità, benessere e rispetto delle regole.
Monti non deve e non può rilanciare l’Italia. Può evitare che la nave affondi e tenere a galla uno scafo malandato, ma non la rimetterà mai in navigazione su una rotta giusta. Non è il suo compito e non è nelle sue possibilità.
La politica intanto proverà a riorganizzarsi usando formule più legate al conteggio interno e alla rivendicazione dei posti di comando futuri. I partiti che oggi vediamo inermi e marginali scompariranno nel giro di un anno e proveranno a ripresentarsi con abiti nuovi, nomi nuovi e ben decisi a ricreare un pentapartito, o qualcosa di simile, che garantisca a tutti di essere centrali nella gestione dei nuovi equilibri che verranno.
Se tutti saranno perfetti rivedremo luce tra un po’ di anni.
Nel frattempo la popolazione si sarà definitivamente impoverita e la maggioranza degli Italiani non arriverà al 10 del mese.
Roccaforti resistenti
Le fortezze del privilegio a cui 3 mesi orsono si riferiva Mario Monti, sono tuttavia decise a resistere e a mantenere i vantaggi che consentono loro di dominare al di fuori e oltre le regole.
Alcuni squilibri sono stati subito evidenti e la voce grossa fatta da banche e corporazioni varie ha avuto un immediato effetto sull’operato del Governo.
Non è stato così, e non lo sarà, per milioni di cittadini che vedranno diminuire drasticamente diritti e potere d’acquisto dei loro salari. Le differenze si acuiranno e tutto sarà controllato mediaticamente nel segno del “senso di responsabilità dei partiti” e della “grande maturità degli italiani”.
Questi due elementi non ci sono finora pervenuti e potremmo declinarli in: “impotenza della Politica” e “disperazione dei sudditi che non possono aver voce”.
Finchè i fortini dei baroni potranno esercitare pressioni di vario genere sulla politica sarà impossibile diminuire le distanze tra privilegiati e normali cittadini, e le scelte fatte dall’alto continueranno a non tenere conto della realtà che vive chi sta fuori dal castello.
Classi dirigenti inconsapevoli dei guai che vive la popolazione agiranno con indifferente cinismo con il solo indirizzo di dare fiducia ai famigerati mercati finanziari.
Le giovani generazioni, che poco hanno conosciuto dei riferimenti che esistevano 40 anni fa, subiranno una nuova metamorfosi antropologica e impareranno ad arrangiarsi nel segno dell’attesa, fenomeno peraltro già molto diffuso.
La sfida da accettare
Le cupole del potere sono tuttavia in profonda crisi nel momento in cui vengono messe di fronte alla sfida che non si aspettano.
Quella cioè che arriva dal cuore vero della società e che si mette in azione grazie all’unione delle forze presenti sul territorio. Quello che è stato spesso elaborato nel segno del ghetto dei sapienti, della forzatura ideologica o dell’elitaria saggezza dei radical chic non ha fatto che indebolire tutto quel tessuto popolare fatto di identità, di tradizioni e di saperi che consentivano all’iniziativa individuale di crescere e di divulgarsi, confluendo in forme cooperative e in attività complementari.
La prova cui invece oggi ci troviamo di fronte richiede consapevolezza e realismo. Il salotto dei benpensanti e l’isola felice dei disobbedienti non funzionano più nemmeno negli spazi ad essi dedicati.
Se mercato dev’essere, beh, facciamolo poggiando su regole uguali per tutti. Se competizione deve avvenire che sia giocata in ambienti trasparenti. Se queste roccaforti devono cadere, come dice il nostro Presidente del Consiglio, che si alimenti il bacino di iniziativa che proviene dai giovani e dalle realtà che propongono e lavorano nel segno dell’impegno e non dell’appartenenza.
Esistono eccellenze che vengono tenute in soffitta e spazi che restano chiusi. La sfida non deve essere lasciata alla retorica di una certa politica né alle ruffiane dichiarazioni d’intenti di alcuni dirigenti, ma va lanciata nel segno di percorsi concreti che solo la cattiva fede e la voglia di repressione cercano di frenare.
Le protezioni su cui contavano i capi delle corporazioni non esistono più ma molti di loro ritengono che nessuno se ne accorgerà e che basterà variare di poco il messaggio per recuperare terreno.
Su questa equazione si produrrà il disastro ma dubito che possa accadere.
La sfida consiste nel capovolgere i termini dell’operazione e dimostrare che il cambiamento già esiste.
Stefano Pierpaoli
30/03/2012