Branchi e arene
Estate romana e suoi derivati
Con infinita tristezza osserviamo il degrado di Trastevere, un luogo che ha ormai smarrito identità e allegria.
Una movida rozza e putrescente si è impadronita dei vicoli che un tempo sprigionavano la sana genuinità di uno dei quartieri più caratteristici della Città Eterna.
E pensare che 12 anni fa, un gruppo di giovani coraggiosi che provenivano dai quartieri più poveri della capitale, si erano battuti valorosamente per rilanciare il rione. Accanto a loro, una saggia figura che viveva lontano da palazzi e salotti. Lo Zio Nicola, un uomo distante dai perversi giochi di potere, che aveva da sempre scelto la coerenza delle idee invece del successo personale.
La loro battaglia portata avanti con il basso profilo di una “piccola America pionieristica”, senza sostegno mediatico e soprattutto senza nessun appoggio dei governatori cittadini, riuscì a fare breccia e a irradiare un raggio di luce candido e spontaneo. Con immensa fatica conquistarono un piccolo spazio in cui poter mostrare che, grazie al loro impetuoso impegno, la cultura avrebbe riportato in quelle strade, legalità e sana allegria.
Ma Roma è una città spietata con le anime pure e non poterono portare a termine il loro lavoro. Venne loro negato l’accesso ai finanziamenti dei quali avevano bisogno. Le porte delle stanze del potere divennero muri invalicabili. Il grande progetto di portare il cinema in piazza, in modo schietto e virtuoso, fu fatto naufragare.
Fu un colpo mortale per Trastevere.
Senza quelle proiezioni e senza la loro capacità di propagare gioia e armonia, il declino divenne ineluttabile. Anche per lo sfortunato Zio Nicola svanì la speranza di vedere rinascere quei luoghi tanto amati.
Oggi è smisurato il rimpianto. In tanti avevamo creduto che quella forza incontaminata avrebbe spazzato via le perversioni dei privilegi e le velenose pretese dei figli di papà.
Non possiamo far altro che osservare quegli sventurati ragazzi che con tanti anni di gavetta sono riusciti ad aprire solo un piccolo cinema popolare. Che lo gestiscono con umiltà potendo contare solo sulle loro forze e sulla passione limpida della loro freschezza d’animo.
E che dire del loro affezionato zio Nicola, che nel suo piccolo ha cercato di trasmettere i segreti del mestiere. Non potrà lasciare loro nessuna ricca eredità se non l’esempio straordinario di un uomo che mai ha scelto il potere e al momento giusto ha voluto mettersi da parte.
Se li avessero lasciati lavorare, di certo tutto questo non sarebbe successo. Loro sapevano che un intervento onesto, fondato sullo spessore intellettuale e su una visione di futuro dedicata al bene comune avrebbe propagato in quelle piazze un’atmosfera capace di respingere il degrado e la delinquenza.
Invece siamo costretti ad assistere impotenti alla catastrofe che si ripete ogni sera. All’orgia volgare che invade un quartiere che è stato abbandonato a se stesso da una politica corrotta e immorale.
Una politica infame che preferisce accordarsi con i suoi scagnozzi e magari assegnare Piazza San Cosimato a bande senza scrupoli che mandano in scena la parodia della cultura, quella della distrazione e dell’egocentrismo. Quella che va a braccetto con la movida idiota degli influencer e dei maneggioni.
La cultura delle feste de piazza che, dopo che i palchi e i banchetti vengono smontati, lascia dietro di sé imbarbarimento e criminalità. La cultura degli eventi e dello spaccio.
Stefano Pierpaoli
31 gennaio 2025