Addio Gil, Rossellini sfortunato
Il figlio di Roberto era da anni su una sedia a rotelle
Fulvia Caprara

Si è chiusa ieri all’alba l’odissea tragica di Gil Rossellini, figlio adottivo di Roberto che, dal novembre 2004, combatteva con volontà d’acciaio la gravissima infezione che l’ha portato alla morte. Cresciuto respirando aria di set, in sala di montaggio accanto al padre, poi al fianco di Martin Scorsese durante le ri- prese di Re per una notte e di Sergio Leone per C’era una volta in America, Gil era diventato produttore e documentarista, sempre in giro per il mondo, attento ai problemi della natura e del sociale. Era stato colpito da un rarissimo genere di infezione che gli aveva provocato un avvelenamento del sangue: «Esistono milioni di tipi di stafilococco aureo spiegava -. A me, ovviamente, è capitato il più incazzato». Nell’arco di quattro anni si era sottoposto a 45 interventi, si spostava sulla sedia a rotelle e l’8 agosto aveva subito l’amputazione della gamba.

Durante la stessa estate, a giugno, aveva siglato con il battesimo la conversione maturata negli anni del dolore e al suo nome ave- va voluto aggiungere, in onore del santo, quello di Francesco.

Gil Rossellini era nato a Bombay il 23 ottobre ’56, da Sonali Dasgupta, la compagna indiana del padre del neorealismo. Il cinema lo ha tenuto in vita dall’inizio del- la tragedia, a Stoccolma, dove la malattia di era manifestata, fino alla fine, al Rome American Hospital. Al Festival di Roma è in programma, il 29, Kill Gil vol. 2 e mezzo, ultimo capitolo della trilogia che il regista aveva dedicato alla malattia giocando col titolo del film di Tarantino Kill Bill. Nel- l’esprimere solidarietà alla fami- alia il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha ricordato il valore dell’opera che era stata proiettata al Quirinale: «Questa toccante testimonianza della sua vicenda umana e professionale richiama ancora la necessità di un sempre più forte impegno delle istituzioni e della collettività nazionale sulla drammatica condizione della disabilità».

Nelle note di regia di Kill Gil vol. 2 e mezzo, l’autore scriveva: «È strano come Einstein avesse ragione, e cioè che tutto è relati- vo a seconda del punto di vista: quando seppi che non avrei più camminato provai un’immensa e giustificata tristezza e vidi nel- la sedia a rotelle uno strumento di tortura. Ora che sono a letto da tanti mesi, la sedia a rotelle rappresenta un sogno bellissimo». I tre documentari sono video-diari pieni di bruciante ironia, in cui si alternano immagini degli interventi, cronache degli incontri con la sorella Isabella, con gli amici, spiegazioni della patologia di cui Gil era vittima, brani della vita di prima, ricordi di lavoro. La confessione straordinaria di una persona che riusciva a dire: «Ho perso le mie gambe, ma ho trovato tanti amici e tutto sommato credo sia stato un buon affare. Per onestà nei loro confronti e in quelli della mia famiglia non mi resta che fare il meglio che posso prendendo la vita un giorno alla volta».

Lascia un commento