Si rende noto, al popolo ammaestrato, che il Romano Regime non tollera spirito critico né ammette dissenso.
Ogni deviazione dal Pensiero Unico sarà prontamente repressa.
I Gerarchi Piddini vigileranno con rigore: chiunque osi proporre idee alternative o sfuggire all’ordine imposto, sarà punito senza esitazione.
Non vi sarà posto per voci discordanti, né verrà concessa udienza a visioni estranee alla Volontà Suprema.
A chi si opporrà, saranno sottratti gli spazi di lavoro e sarà escluso dai bandi imperiali.
Così è deciso. Così sia.
Il Gran Consiglio del Comune di Roma
«Abbiamo fatto una forte scommessa sulle energie artistiche», dice il sindaco Gualtieri.
Ed ecco servita l’ennesima baracconata piddina, recitata con quella spocchia di chi confonde la gestione del potere con la visione culturale.
L’annuncio degli 8,5 milioni di euro – cifra altisonante ma sterile – è stato condito dalle solite supercazzole su “innovazione”, “sostenibilità”, “dialogo interculturale”. Il vocabolario dei bandi, che da anni occupa il posto della cultura stessa.
La grande “novità”? La destagionalizzazione. Sì, perché secondo l’amministrazione capitolina, a Roma durante l’anno non accade nulla, culturalmente parlando. E allora giù con l’idea di un’estate perenne, una specie di allucinazione balneare da cui non ci si sveglia più. Un frullatore continuo di eventi, sagre, spettacoli senz’anima, dove il contenuto è solo pretesto per l’intrattenimento.
Nel frattempo si svuotano i quartieri, si svendono le identità, si moltiplicano dehors e bed & breakfast. Ma l’assessore Smeriglio – perfetto rappresentante di una classe dirigente che ha sistematicamente spolpato questa città – parla di “identità dei quartieri” come se non avesse nulla a che fare con il loro stravolgimento.
Poi lanciato in un delirio sul “linguaggio della contemporaneità”, affonda nel solito pastone di parole d’ordine – femminismo, approccio antipatriarcale, reti, prossimità – usati come specchietti per le allodole. Ma il peggio arriva quando tira fuori Pasolini, tentando un’improbabile legittimazione morale.
L’effetto è stato quello di un prestigiatore che si impicca con le proprie corde.
Pasolini come testimonial dell’intrattenimento? Siamo al cortocircuito culturale. Il suo nome evocato da chi produce esattamente quella cultura “fascista e monodimensionale” che lui ha denunciato. Una scena che rasenta l’oltraggio.
Nessuna domanda dalla stampa: tutti allineati, tutti complici. Gli unici rilievi sono arrivati da esponenti dell’associazionismo romano, ma anche lì, solo osservazioni tecniche, norme, moduli, regolamenti.
La burocrazia del basso: quella che non cambia nulla e garantisce il perpetuarsi dello status quo.
Il risultato è scritto: un insulso calderone di contributi a pioggia, assegnati senza criteri trasparenti, annunciati magari due giorni prima dell’evento.
Una domanda sorge spontanea, anche se nessuno ha il coraggio di formularla:
come si può organizzare qualcosa di sensato senza almeno tre mesi di preparazione?
Ma per porre il problema servirebbe una cosa rara: una visione politica e culturale. Una capacità progettuale, un pensiero lungo. Cose che non si vedono a Roma da quarant’anni almeno.
Eppure, questi signori prosperano. Non perché siano bravi, ma perché il livello medio è talmente desolante che qualsiasi cosa viene accolta con entusiasmo bovino.
La loro fortuna è che noi, il “popolo”, siamo stati così tanto educati all’insignificanza da accettare tutto.
Roma creativa?
No. Roma narcotizzata.
Hanno creato un deserto e lo hanno chiamato cultura. La capitale è Roma. I suoi padroni la accompagnano verso la catastrofe. I giovani furbi si sono allineati. I giovani intelligenti e onesti spero vadano via in fretta da questo letamaio.
Stefano Pierpaoli
9 aprile 2025