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Teatro Valle
anime vicine ma disunite
Cronaca del fallimento che sarà
Nella puntata di ‘in 1/2h’ andata in onda oggi – 16 ottobre – sono intervenute tre anime distinte che di fronte alle domande della Annunziata hanno ben definito posizioni e caratteristiche della loro attività, sia essa movimentista o politica.
È già di per sé triste trovarsi a distinguere così nettamente movimento e politica soprattutto in un momento che richiederebbe unità e condivisione, ma la pericolosa ondata di antipolitica che si è abbattuta con effetti tragici nella nostra immatura società ci costringe a tracciare confini che non vorremmo esistessero.
Francesco Raparelli, ricercatore con una notevole esperienza politica, ha saputo delineare uno dei grandi problemi del movimento, quello cioè della frammentazione e dell’incapacità a riconoscersi in un percorso identitario che sappia oltrepassare lo slogan e l’omologazione nel malcontento.
Si tratta di un limite che si manifestò già nei primi anni 2000, quando i no-global seppero portare in piazza milioni di persone senza trovare un indirizzo e senza impedire minimamente che i processi politici ed economici in atto variassero anche di poco la loro direzione.
Potremmo dire semmai che impressero una velocità maggiore alle dinamiche devastanti del neoliberismo contro il quale si battevano.
Ilenia Caleo, pasionaria leader dell’occupazione al Valle, ha rivendicato alcuni diritti dei lavoratori dello spettacolo cadendo come sempre in quella autoreferenzialità tipica dei vertici italiani, o di quanti diventano vertice grazie all’uso dei media, all’utilizzo dei VIP e allo sviluppo di tutte quelle evoluzioni tipiche dell’ultimo ventennio, nate nel rispetto della cultura berlusconiana: usare i media per aggregare e diffondere.
Lei rappresenta in fondo una di quelle anime che più di altre si sono esposte nell’uso dell’antipolitica, rifiutando il confronto con i partiti, per lo meno in forma esplicita, e sottraendosi alle forme del dialogo proprie della democrazia.
Avvalendosi di un gruppo estremamente valido nella comunicazione e nell’organizzazione, ha scelto di imporre un modello competitivo nei confronti delle altre realtà che lavorano nel territorio già da molti anni, arrivando fino a forme di censura, per ottenere la centralità della sua iniziativa di occupazione al Valle.
Qui avviene la frattura che rischia di dare forza agli assetti dominanti e causa l’impoverimento della politica nel suo significato primo e inalienabile. Una lacerazione testimoniata negli interventi successivi di Stefano Fassina e di Matteo Orfini, responsabili economici e culturali del PD, nei quali sono emerse posizioni convergenti con quelle del movimento e al tempo stesso è venuta fuori l’assenza di quel dialogo indispensabile che dovrebbe avvenire tra queste realtà.
In uno dei primi miei interventi proprio al Teatro Valle sollecitai la creazione di un terreno di confronto con la politica perché questo passaggio diventa doveroso proprio in un tempo come quello che stiamo vivendo. Così come descrissi percorsi comuni che potevano essere valorizzati dall’unione delle forze.
Soprattutto sollecitai proposte concrete da portare alla politica e confrontarsi su quelle.
In caso contrario, quella frammentazione denunciata da Raparelli e l’assenza di un’identità politica, non fanno altro che diventare i detonatori delle tante implosioni che albergano della disperazione, nell’esasperazione e nella colpevole ingenuità di sentirsi al centro del mondo mentre il mondo corre per conto suo a velocità doppia magari verso il baratro.
Le immagini dei violenti alla manifestazione di ieri hanno preso il posto dei valori e delle istanze che tante migliaia di persone hanno portato per le strade romane.
Non doveva succedere e se qualche centinaio di criminali prendono il sopravvento c’è qualcosa all’interno di quei cortei che non funziona. Lo ha detto Raparelli e lo stiamo pensando in molti.
Smarrire il senso della politica rifiutando il confronto è uno dei maggiori fattori che producono lo spazio della violenza e che impoveriscono il messaggio e l’iniziativa democratica.
Recuperare quel rapporto con quanti sono in ascolto e che possono rappresentare nelle Istituzioni la volontà di cambiamento e di rinascita che c’è in giro costituisce il passaggio necessario per riconquistare l’equilibrio civile che è essenziale alla sovranità popolare nel corretto sviluppo dei processi democratici.
Stefano Pierpaoli
16 ottobre 2011