Il Manifesto - 30 luglio 2022

Una storia di ordinaria ribellione

Dalle BR al carcere, la vicenda di Mara Nanni raccontata da Stefano Pierpaoli

Storia di una soldatessa semplice delle Brigate Rosse. Mai ricoperti ruoli di rilievo nell’organizzazione, mai partecipato ad azioni eclatanti, mai sparato a nessuno. Condannata all’ergastolo più 30 anni di galera, derubricati a 15 dopo la dissociazione. Mara Nanni è stata liberata nel ’94 dopo aver scontato l’intera condanna.

La sua storia, che entra a pieno titolo nella memorialistica folta della lotta armata italiana, non l’ha scritta in prima persona. L’ha raccontata a Stefano Pierpaoli, di dieci anni più giovane, uno che la vicenda degli anni ’70 non la ha vissuta: la guarda e la interpreta di riflesso, attraverso i racconti della protagonista, ed è uno degli elementi che segna, nel bene e nel male, il libro che firmano insieme…E allora?, pubblicato dalle Edizioni Inter- culturali, pp. 220, Euro 11.00.

Per come emerge dal libro, quella di Mara Nanni non è la vicenda di una rivoluzionaria comunista, ma di una ribellione giovanile e confusa, in cui le emozioni private e la rabbia per le ingiustizie del mondo si sommano e si intrecciano, formano una miscela deflagrante, non diventano mai progetto politico. Non è la storia raccontata dai leader delle Br, i Curcio o i Moretti. Non è neppure il tentativo di misurarsi con la sovrapposizione tra spinte individuali e politiche in cui si è cimentata Barbara Balzerani.

Ma è una testimonianza che rende ragione dell’esperienza reale di centinaia di giovani di quegli anni, non necessariamente finiti nelle organizzazioni armate.

È un atto di ribellione indomito e a modo suo privato quello che segna la prima e fondamentale cesura nella storia di Mara Nanni.

La sera del 12 marzo 1977, dopo la manifestazione di Roma, ore di scontri e spesso di spari, viene fermata insieme a due compagni  di fronte a Regona Coeli.

Uno dei due tira fuori la pistole, apre il fuoco. In carcere finiscono naturalmente anche gli altri due pur non avendo ancora niente a che vedere con la clandestinità. Mara Nanni rifiuta però di declinare le sue generalità, resta in silenzio mentre alle domande si sostituiscono botte sempre più violente, oltre i confini della tortura. La scambiano per Maria Pia Vianale, appena evasa, e pestano più duro. Uscirà di galera dopo oltre un anno di carcere preventivo, condannata solo per oltraggio e mancata presentazione dei documenti. Gonfia di rabbia, matura per scegliere davvero il partito armato. Una storia da romanzo: richiama più Virginie Despentes che Rosa Luxemburg.

Il seguito è la clandestinità, la militanza in una struttura rigida vissuta con convinzione sempre minore, dubbi crescenti, infelicità e insoddisfazione, e tuttavia mai messa in forse, neppure quando l’amica Adriana Faranda la invita a lasciare le Br per dar vita a

un altro gruppo armato, più duttile. Il seguito è soprattutto la prigione, il circuito di carceri speciali fino all’inferno asettico di Voghera Un percorso narrato da tante voci maschili, ma da quasi nessuna al femminile. Le amicizie, il braccio di ferro continuo con una struttura nata per spezzare ogni ribellione, le strategie di sopravvivenza, minimaliste e immense, che le permettono di restare viva, di non rinunciare ai sogni e all’allegria.

Solo che in realtà quella battaglia non inizia quando dietro Mara Nanni si chiudono le porte del carcere, ma prima, con l’ingresso nelle Br. La clandestinità è vissuta con tale e tanta sofferenza che persino l’arresto suona come una specie di liberazione. E allora? è dunque anche la storia di un pentimento (non nel senso che la parola ha acquistato nelle aule penali). Non è solo l’esperienza armata a venire rinnegata con parole che non sfigurerebbero in bocca a Silvio Berlusconi («Intollerabile crudeltà criminale», «Follia omicida di un manipolo di evanescenti rivoluzionari», ecc.).

L’intero movimento gode di un simile trattamento, come quando a proposito degli incidenti del 12 marzo ’77 gli autori scrivono: «La voglia distruttiva della mandria impazzita si propagò in maniera istantanea. Sconvolti e accecati da uno scellerato furore animale si scagliarono contro tutto ciò che incontravano».

Sono parole scritte da Pierpaoli, va da sé, ma il racconto che le ispira è della protagonista diretta. I toni, comunque, sono indicativi di un’esperienza vasta, anche se raramente espressa con tanta virulenza. È la vicenda non di un generazione politica sconfitta, cosa tutto sommato non così rara, ma di una generazione politica che ha finito per abbracciare se non il punto di vista del nemico di allora, almeno il giudizio su se stessa che dava quel nemico.

Quella esperienza ormai storica è un nodo che ancora pesa e intralcia ogni tentativo di ricostruire un movimento di rivolta in questo paese. La storia di Mara Nanni certo non scioglie quel nodo. Però aiuta a comprenderlo.

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