I cinecortigiani
senza più padroni

“Con il passare del tempo, gli uomini avevano smesso di domandarsi cosa fosse giusto o sbagliato; vivevano nell’attesa che la peste decidesse per loro.”

La Peste – Albert Camus

La cultura era moribonda, l’arte al massimo un ricordo lontano e anche il cinema era stato colpito da una violenta epidemia.
Il PD e i suoi magliari decisero di mettere tutto al rogo usando uno stesso format: il Netflix della cultura e quello del cinema. Tutto è andato per il verso giusto e ci siamo trovati in un fantastico deserto con tante luci colorate.
Ma i titani hanno fame e chiedono nuovi deserti per collegare i loro raggi luminosi.

C’era quindi urgenza di preparare un’altra torta per far mangiare i sovrani e gettare gli spicci ai cortigiani che elemosinano all’uscio del palazzo.
Una torta con pochi ingredienti, cucinata nel forno MIC, con la collaborazione dei vari faccendieri del cinema italiano.
È assai probabile che la prima ricetta sia sempre quella con le creme acide della Legge Franceschini.

Il vantaggio, sognato da molti, è che così si riesca a riprendere le stramberie di questi ultimi anni e accogliere, con sempre più riverenza, i colonizzatori stranieri. È un sogno poter investire nel paese dei balocchi, dove si possono gonfiare i budget e nessuno verrà mai a controllare.
Al momento, sono in tanti a non vedere l’ora di inchinarsi al forestiero per ruspare qualcosa e impadronirsi di una fetta di quel dolce avariato da esporre su una piattaforma, ma temiamo che le porzioni siano limitate.
Il mercato, soprattutto quello globale, vuole molti consumatori ma pochi produttori.

Quelli attaccati alla mammella pubblica hanno giocato per troppo tempo con la parola “cultura” per rivendicare ciò che loro ritenevano un diritto, ma la cultura è argomento troppo complesso e non si accoppia con la falsità.
Infatti, i richiami retorici al sedicente impeto culturale del cinema sono diventati più sporadici.
Forse è successo perché anche l’ipocrisia ha un limite ma a ben vedere, quella cultura di cui si straparlava si è ormai instaurata stabilmente. Per maggiori info andare alle voci “governo”, “rai”, “scuola”, giustizia” e “sanità”.

Un’altra ricetta, un po’ più elaborata, sarebbe quella di creare un alimento sano usando sostanze incontaminate. Ma ci si chiede: perché prenderla in considerazione?
Forse per un dovere etico e civile? Magari per fornire alle giovani generazioni uno strumento di emancipazione e conoscenza? Addirittura per un vago vincolo con noiose parole tipo trasparenza e legalità?

Provando a rivolgersi a una platea senza più anima, queste domande fluttuerebbero nel vuoto di un territorio popolato da fantasmi.
Un ambiente flaccido, imborghesito da quella borghesia bolsa e servile che è stata ammaestrata al conformismo della sintesi e delle semplificazioni.
Un mondo anorgasmico, al massimo aggrappato a un onanismo privo di fantasia in cui ci si masturba solo meccanicamente.
Un gorgo privo di vita che ruota su sé stesso, rinchiuso nelle chat e lontano anni luce da una qualsiasi coscienza di classe. Anzi, da qualsiasi coscienza.

I traffichini del cinema di questi ultimi anni erano viperette, serpenti finti. Ora dovranno diventare iene vere nel cercare di spolpare carcasse per conto di un padrone che non va per il sottile: vuole servi fedeli, consumatori ben allineati e giovani da rendere sempre più fragili e possibilmente violenti.

Le addomesticate retroguardie del terzo millennio sanno inchinarsi con rapida maestria.
Gli autori, maestri dello zittismo strategico, aspettano un segnale dal capo che possa loro garantire un compenso soddisfacente.
Gli altri vagano inquieti e rimbalzano tra un inutile funzionario di partito e un triste sindacalista che simula attenzione.

I produttori, seduti al santuario dello spritz, pregano affinché tutto ritorni come prima e non si accorgono che al di là del loro bar preferito c’è un mondo che è esploso.

Inchini e furberie non serviranno a nulla. La Storia non fa sconti, soprattutto se non sei in grado di leggerla e interpretarla.  

E il cinema?
Il cinema è morto, viva il cinema! È stato sepolto nel cimitero clericale-mafioso delle squallide liturgie associazioniste.
I servi, rassegnati, vivono con scarsa consapevolezza l’angoscia nevrotica che prelude all’ultima fermata. Forse vorrebbero ribellarsi ma non possiedono uno spirito che glielo consenta. Vorrebbero esprimersi ma non sanno più come si fa. Istintivamente simulano una forma di presenza ma è un tentativo disperato che si dissolve in una farsa spettrale, purtroppo un po’ penosa.

I registi che avrebbero saputo raccontare questa catastrofe sono tutti morti.
C’è da scommettere che sarebbero stati in grado di contrastarla. Perfino di evitarla.

Buona schiavitù a tutti.

Stefano Pierpaoli
26 novembre 2024

PS: Il Forum No Logo ha tentato di inserire un ragionamento di sistema per arrivare a un piano di sviluppo. Ma si parlava di identità, valori e strategie.
Il Manifesto è un documento che si poteva aprire a un’elaborazione collettiva. Ma impone una visione.

Ragionamento e visione, non solo nel cinema, sono due elementi in disuso e impossibili da mettere in atto.

Scrivetelo nelle vostre chat.

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