L’armata del cinema italiano
Io vi sono Duce! Et perciò mi dovete obbidienza et dedizione!
Siete voi pronti alla pugna?
Noi viaggeremo per giorni et settimane et mesi ma infine avremo castelli, ricchezze et bianche femmine dalla grandi puppe!
“L’ARMATA BRANCALEONE” – Mario Monicelli (1966)
Dopo mesi di travaglio, nell’assillante preoccupazione di sommosse incombenti, si era giunti a una grande (maddechè?) ricomposizione della Legge Franceschini (quella scritta dai padroni e applaudita dai servi).
Malgrado ciò, le immense schiere del cinema (in)dipendente italiano hanno levato gli scudi financo a minacciare insurrezioni e scioperi.
In un’atmosfera, che immaginiamo sia stata di rovente terrore, la signora del cinema italiano, Lucia Borgonzoni, ha saputo rapidamente rincuorare le truppe del cinema di stato a tal punto che è giunto un documento ufficiale di soddisfazione e plauso per “una positiva apertura del Ministero”.
Difficile tuttavia capire se Venezia sarà teatro di scontri feroci e di risolute prese di posizione. Il silenzio dell’ultimo anno solleva densi interrogativi sulla determinazione dell’armata cinematografica e sull’ardire dei suoi gladiatori. Un’incertezza che alimenta un legittimo tormento. Il vero enigma riguarda però le strategie e soprattutto lo sguardo che delinei un orizzonte.
Dove sono gli occhi che riescono a spostare l’attenzione dal tax credit? Qual è il modello capace di liberare le (in)coscienze dall’ossessione paranoide che attanaglia ogni valutazione e qualsiasi ragionamento da più di 15 anni?
Dalle nostre parti le parole “tassa” e “credito” non prefigurano grandi scenari ed è bene che qualcuno cominci a capirlo. Siamo i primi per evasione e anche per debito. La cascata di soldi arrivata negli ultimi anni è stata la mazzata finale. Gli zampilli elargiti a gogò sono stati il veleno da consenso che crea sciagure. Le ondate di ottimismo e proclami hanno condito un’insalata drogata, e a qualcuno la “robba” piace da morire. Soprattutto a chi la vende.
I monopoli si sono impadroniti del pianeta e da quando è successo i poveri e gli ultimi sono crollati nel nulla. Nel caso qualcuno non se ne sia accorto.
Si può mendicare un tax credit e inchinarsi al/alla duce di turno ma la catastrofe diventerà ancora più ineluttabile.
Tra 3-4 anni gireranno furgoni carichi di film con produttori (esecutivi) che corrono per conto del padrone e milioni di clienti sui divani che comprano a pochi spicci un intrattenimento serale. Algoritmi spietati con tempi molto ristretti. Il capo chiede che si impari a correre e ad abbassare la testa. La seconda cosa è stata introiettata quasi alla perfezione. Sulla prima occorre un po’ di allenamento. Per correre velocemente servirà un addestramento specifico. Chiedere a Rutelli per prenotare il corso di ammaestramento. C’è già la fila e i posti sono pochi.
Sarebbe bene cominciare a dire la verità e provare a liberarsi dai guinzagli.
Magari tirando fuori un’idea degna di chiamarsi tale.
Lo sciopero in atto è proprio quello della verità e dura da oltre 30 anni. Anche la sua agonia si è spenta come si sono estinte, ormai da molto tempo, le utopie che proiettavano la società (e anche il cinema) verso un oltre carico di promesse.
Buone vacanze a tutti e attenti agli inchini prolungati che creano grandi problemi all’apparato lombosacrale.
Stefano Pierpaoli
08/08/2024