Giungere a un trentennale che ha lasciato il segno non è una celebrazione da poco.
Il 1994 segnò l’ingresso in politica (in assenza di politica) del Cavalier Berlusconi e della sua Forza Italia.
Fummo trasformati all’improvviso in carne da sondaggio, macellata con perizia e distesa sul piano marmoreo del consenso.

I nascenti talk show della propaganda partitocratica mostravano per la prima volta la baraonda della politica divenuta spettacolo.
Destra e sinistra non esistevano più. I colti ragionamenti su Capitalismo e Marxismo si erano persi nello spazio siderale per essere ingoiati in qualche buco nero postmoderno. Le analisi sobrie e sagaci erano state soppiantate dalle contrapposte cagnare.
Il sistema proporzionale con tanti partiti era mutato in maggioritario con tantissimi partiti. Una sorta di bipolarismo senza bipolarismo in cui la faccia del leader era il solo fattore che contava.

Non lo sapevamo ancora ma da quelle elezioni da avanspettacolo in poi, non saremmo più usciti dal tunnel delle pornocampagne elettorali. Siamo pseudoelettori prodotti da un eterno bunga bunga.
30 anni di propagande incrociate in un susseguirsi di slogan e invettive prive di senso. Un gorgo interminabile di figure non politiche che sono ruotate in un palinsesto trash, sgomitando per mantenersi nella prima fila del balletto.
Fa ridere l’appellativo di “populista” appioppato a questo o a quello schieramento. In campagna elettorale non esiste un gruppo che non sia populista, e se la partita non vive mai un intervallo, è chiaro che tutte le squadre facciano di tutto per mantenere vivi gli impulsi dei loro tifosi/follower.
Una marea continua di spot con capipopolo alla testa di furbetti e carrieristi che si atteggiano ad autorevoli governanti.

Siamo di fronte, e continueremo a starci, a un panorama immutabile che in 3 decenni ha affossato il Paese e la carne da macello, che siamo noi, non esprime altra ribellione se non quella che va in scena al suo interno, nelle lotte tra poveri. Gli Italiani hanno nel DNA la tendenza alla rassegnazione ma in questo evo oscurantista diventa pura angoscia.

In tanti, come supporter inebetiti, si recano alle urne abbagliati dagli influencer del potere, ma se si chiedesse loro per cosa stanno votando nessuno saprebbe rispondere.
Mettono un “mi piace”. Difficile escludere che gli piaccia davvero. Ma ai loro occhi è come il Festival di Sanremo. Una gita in campagna (elettorale).

Stefano Pierpaoli
11/03/24

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